Contrariamente a quanto spesso si sente dire Milano non è una città grigia, al contrario, è ricca di numerosi polmoni verdi. Tra questi si trova anche il Parco del Portello che sorge sull’area dove un tempo vi era lo stabilimento dell’Alfa Romeo e dalla quale prende il suo nome completo: il Parco Industriale Alfa Romeo al Portello. Come tutto il progetto, anche l’ultimo lotto, da poco concluso, è stato ideato da Charles Jencks e Andreas Kipar e sviluppato da LAND Italia.
L’ex sede dell’Alfa Romeo
Dove oggi sorge il Parco del Portello si trovava, un tempo, la sede storica dell’Alfa Romeo. Lo stabilimento del Portello, infatti, è stato il primo sito produttivo del brand ed è stato attivo dal 1906 fino al 1986. L’area, che fu la stessa che ospitò i padiglioni dell’Expo 1906, venne scelta in quanto centro di importanti vie di comunicazione specie per i mercati della Francia e della Svizzera oltre che per il nord della Lombardia.
Dopo anni di intensa attività, la decisione di chiudere lo stabilimento per spostarlo ad Arese fu inevitabile vista l’espansione della città sempre più verso l’esterno. L’area del Portello, un tempo in periferia, cominciò infatti a diventare un importante agglomerato urbano che non permetteva alla fabbrica di poter ampliare il suo impianto. Fu allora che il consiglio decise di costruire ad Arese il nuovo stabilimento dell’Alfa Romeo dove l’ultimo operaio venne trasferito nel 1986.
Il Parco del Portello
Sulle “ceneri” dell’ex sede dell’Alfa Romeo, oltre vent’anni fa, sono cominciati i lavori realizzati da Gino Valle e Charles Jencks che sono proseguiti in lotti fino alla fine del 2022 quando è stato inaugurato l’ultimo. Prima di esso ne venne aperto uno nel 2011, uno nel 2015 e uno nel 2017.
L’idea alla base dell’intero progetto del parco è quella di trovare un filo conduttore con gli elementi e i luoghi già presenti nella città meneghina. Per esempio, è emersa da subito la necessità di creare un sistema di continuità con il Monte Stella, la collina realizzata nel dopoguerra da Piero Bottoni.
L’intero Parco del Portello è realizzato secondo la rappresentazione delle diverse scansioni del tempo quali Preistoria, Storia, Presente e Tempo Individuale tradotte in linee spaziali circolari che costituiscono le linee di costruzione delle tre “sculture verdi”: Mound1, Mound2, Mound3 alle quali si aggiunge il Time Garden.
Il parco, inoltre, vanta diverse altezze e anche un elevato sistema verde di percorsi pedonali e ciclabili: i cosiddetti “Raggi Verdi” che, passando oltre le tangenziali, collegano il centro di Milano all’hinterland.
All’interno del parco si trova, infine, anche quella che viene definita, a oggi, la panchina più lunga del mondo grazie ai suoi 208 metri e 1.800 stecche di legno.
Moon Garden
L’ultimo lotto del parco, recentemente consegnato alla città e ai cittadini, è stato realizzato su iniziativa di IPER MONTEBELLO S.p.a., di proprietà dell’imprenditore Marco Brunelli, che ha affidato a LAND l’incarico di redigere il progetto definitivo delle aree verdi. L’ultimo lotto si trova nello spazio compreso tra viale Serra a sud-est, viale De Gasperi a sud-ovest e il parco a nord ed è qui che sorge il Moon Garden. Come si può evincere dal nome l’area è nata prendendo come modello i corpi astrali del Sole e della Luna e le loro interazioni con la Terra. Nello specifico, la forma del parco è stata ispirata dal diagramma delle “Fasi della Luna” di Athanasius Kircher, dove il ciclo lunare è rappresentato come una doppia spirale per entrambi gli emisferi terrestri e dove queste forme raffigurano la durata della visibilità della luna nel cielo, con il suo sorgere e il suo assestamento.
Cinquanta alberi tra aceri, liriodendri, tigli, gelsi e sofore si alternano a 1.500 metri quadrati di aiuole colorate con piante erbacee e arbustive e gruppi di rododendri. Nel percorso a spirale in salita, non mancano anche piazzole di sosta ombreggiate con panchine.
Con la conclusione del progetto, il Parco del Portello si presenta come un parco in cui sentirsi liberi di vivere il ritmo del tempo, perché, come scrisse lo stesso Jencks nel 2009: “il paesaggio e i giardini portano sempre l’impronta del tempo sulle loro superfici, nella loro crescita e nel loro decadimento”.